Un giornalista, un’antropologa e un’esperta di cooperazione e sviluppo hanno deciso che era ora di usare le mani, sfruttare le loro conoscenze e mettere in pratica le loro idee, con un’attenzione particolare all’ambiente.
La serigrafia era il modo più semplice per cominciare. Elena, Sara e Marco ci hanno raccontato com’è nata la loro Tundra.
Ciao Tundra! Ci raccontate chi siete e che cosa fate? Presentatevi voi ai nostri lettori.
Ciao a te! Noi siamo tre persone che hanno deciso di provare a fare qualcosa di positivo in prima persona.
Noi, Elena e Sara, siamo sorelle, con Marco ci conosciamo da anni.
È da un po’ di tempo che stiamo cercando di mettere in pratica le nostre idee, in particolare legate all’ambiente e all’ecologia.
Abbiamo cominciato a lavorare assieme in un’associazione, ma la cosa non ha funzionato, forse perché si era in troppi e le energie si disperdevano.
Abbiamo deciso di riprovare solo in tre, partendo da qualcosa di molto concreto.
Veniamo da percorsi molto diversi; Elena è laureata in cooperazione allo sviluppo, Sara è antropologa, Marco fa il giornalista, ma abbiamo deciso di unire le nostre competenze e rimetterci in gioco.
E la serigrafia quando arriva?
La serigrafia ci è sembrata il modo più semplice per cominciare. Sentivamo la necessità di fare, di usare le nostri mani, di costruire. L’idea è venuta a Sara, che ha seguito un corso di serigrafia con Small Caps, a Venezia.
Abbiamo deciso di cominciare da qui, stampando in casa e puntando molto sul lato green.
Vorremmo continuare su questa strada, convinti che si possa “produrre” e mantenere un basso impatto a livello ambientale. Ci piacerebbe riuscire a far diventare la serigrafia un vero e proprio lavoro.
Tundra. Perché avete scelto questo nome?
Cercavamo un nome bello, semplice, che la gente potesse ricordare. Volevamo poi che ci fosse un richiamo forte alla natura. Tundra è stata la prima cosa che ci è venuta in mente, è stata un’illuminazione.
E poi funziona: quest’estate siamo stati in viaggio e abbiamo portato qualche nostra creazione a Berlino e Copenaghen. Tundra è un nome efficace in tutte le lingue, abbiamo scelto bene.
Leggiamo dalla vostra presentazione che quello che vi sta più a cuore è l’attenzione per l’ambiente. Come concretizzate questo vostro impegno? La serigrafia è ecologica?
La nostra idea è quella di ridurre il più possibile l’impatto ambientale in quello che facciamo.
Impressioniamo i telai al sole, per esempio, per ridurre l’uso di lampade alogene. Inoltre cerchiamo di recuperare e riutilizzare qualsiasi oggetto: abbiamo realizzato diverse stampe su stoffe di scarto, che un’azienda tessile stava gettando al macero.
Ci siamo inventati delle confezioni usando dei sacchi di carta che contenevano il mangime che diamo alle nostre galline. I primi guadagni li stiamo reinvestendo nell’acquisto di tessuti organici e fair trade: stampiamo soprattutto shoppers e t-shirts, dunque la scelta del materiale più rispettoso dell’ambiente diventa importante.
Vogliamo impegnarci anche nel sociale sfruttando il nostro background formativo, per questo stiamo cercando di attivare un progetto in Ghana di empowerment attraverso l’utilizzo della serigrafia.
Autoproduzione e hand-made sono altre due parole ricorrenti. Ci credete? L’autoproduzione vincerà sulla standardizzazione?
Ogni cosa prodotta da sé, partendo da zero o quasi, è una conquista.
Ci si ritrova per le mani un oggetto unico, bellissimo. Fare le cose a mano vuol dire soprattutto curare ogni minimo dettaglio. Non c’è altra cosa più importante della passione nella produzione artigianale. Cosa può esserci di più bello?
Se doveste spiegare che cos’è la serigrafia a qualcuno che non ne ha mai sentito parlare, cosa direste?
E’ un processo di stampa che permette di realizzare la propria immaginazione. Per noi è anche un modo per tessere relazioni attraverso l’espressione artistica che c’è in ognuno di noi; crediamo che la sperimentazione sensoriale crei una particolare condivisione delle esperienze.
Tecnica serigrafica. Una cosa facile e una difficile da fare. Una che vi esalta e una che vi annoia.
La cosa più facile per noi è trovare nuove idee da sviluppare in contesti impensabili, la cosa più difficile è non riuscire a sporcarsi! Ci esalta vedere che il lavoro finito è uguale a quello immaginato e ci annoia dover tesare il telaio.
Cosa c’è nel vostro laboratorio?
Casino! Attualmente ci rinchiudiamo in un garage, come tutti i gruppi grunge, dove stiamo sviluppando i nostri primi lavori tra scatoloni e biciclette.
Per approfondire:
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